LE RAGIONI PER ABBATTERE IL SILENZIO

COSTRUIAMO UN INCONTRO GRAZIE ALLA MUSICA

Abitiamo un tempo traumatico e post-traumatico.

Dopo la terribile pandemia, si è aperto un tempo di guerra di cui non possiamo tracciare la fine. A questi terribili eventi, si mescola da anni il silente, continuo e drammatico movimento di migrazione dei richiedenti asilo, dei migranti economici, dei profughi ambientali e delle tante guerre che, oltre a quella tra la Russia e l’Ucraina, insanguinano la Terra. Una silente migrazione che sale dall’Africa, dall’Oriente e dal Medio Oriente, un’emorragia di donne, uomini, giovani, bambini e anziani che non cessa e che, se non riprenderà il commercio del grano, dei semi di girasole, dell’orzo avrà ulteriori ripercussioni sull’esodo biblico che da decenni agita questo nostro angolo di mondo. Il Coordinatore del Programma Alimentare Mondiale per l’Ucraina – Matthew Hollingworth – dichiara che non c’è più tempo: il rischio è un impatto globale devastante che può di precipitare molti Paesi oltre il limite della carestia.

Migliaia di esseri umani in viaggio, costretti da invasioni e persecuzioni, da guerre, dall’essiccarsi della terra, dalla ricerca di lavoro e di una vita degna, dalla speranza di un destino migliore.

E una importante via di transito percorre e attraversa il Mar Mediterraneo che, con i continui affondamenti e con i Campi allestiti sulle coste africane, si tinge di rosso, di dolore, di violenza, di morte. Siamo di fronte ad un mare trasformato in Cimitero.

Abbiamo dato vita a questo Progetto nel 2016: nel tempo che passa, sembra aggiungersi sofferenza a sofferenza. Tutti noi sappiamo che, su questa Terra, siamo esuli, vagabondi, viandanti, moderni pellegrini, tracce migranti…

Homo viator… uomini in viaggio… 

Nel transito migrante che appartiene, dunque, a ciascuno di noi, nell’esperienza di esistere nel tempo di una vita, il dolore di vivere marchia tutti, ma certamente più intensamente alcuni di noi. Con il progetto culturale “Requiem per le genti del Mediterraneo”, vorremmo avvicinarlo, lasciarlo parlare, ascoltarlo questo dolore di vivere per il tramite dell’arte, della musica e del canto, cuntarlo e cantarlo, facendone appunto una trasformazione che ci permetta di tollerare l’angoscia e l’orrore, un testo musicale da ascoltare e cantare insieme per non dimenticare, per dare testimonianza di presenza e tenuta, di compassione, di rinnovata, acuta, sensibilità civile. Perché: “Tutti i dolori possono essere sopportati se li inserisci in una storia, o se racconti una storia su di loro”, come scrive Isak Dinesen. Se si è, dunque, in un legame, in una relazione. 

Se vi è un incontro tra un Io e un Tu. Respiri, silenzi, voci, grida, singulti, ricordi, assenze, separazioni, incontri, ripartenze, speranza che si intrecciano in un tempo di cura. Perché – come scrive lo psicoanalista Antonio Di Benedetto (2009) – “Nel corso della nostra vita cerchiamo in tutti i modi di farci ascoltare. E lo facciamo subito con un grido. Cessiamo di farlo quando infine la nostra voce si spegne in un soffio. Sicché tutto il tempo dell’esistenza risulta iscritto tra un suono e il suo venir meno. Di fatto per offrire una speranza di vita, oltre che alla propria persona, alle parti più nascoste e inascoltate di sé, occorre metterle in condizione di esprimersi, prestando loro prima un suono, poi una lingua. 

Ecco: noi desideriamo offrire un suono, una e più voci, una lingua e un comune canto a tutti coloro che voce non hanno più o non hanno, come testimonianza di una profonda capacità di ascolto.

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